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Un amore inconcepibile: dubbi terminologici

C'è più di una motivazione per la quale un italiano/a non dovrebbe quasi con certezza potersi innamorare di un francofono, ma la maggior parte di queste ragioni vi verrà in mente senza che io abbia bisogno di evocarle.
Gli italiani sono una popolazione lenta, i nostri processi evolutivi ci impiegano a volte secoli mentre per gli altri qualche tempo appena. Se penso alla nascita della loro bella lingua schietta proprio perché franca, alla libertà che hanno saputo prendersi dal latino, alla dignità che hanno saputo dare ad una novità che si faceva ormai incontenibile, penso dall'altra parte che noi, un po' per fausse noblesse, un po' per nostalgia dell'usato sicuro, il latino ce lo siamo tirati in lungo e in largo. Per carità, nulla di male, diverse visioni della novità, gestioni della novità. Non tiriamo in ballo la presenza ingombrante del primo Santo Apostolo, perché il colonnato non era nemmeno ancora nei progetti di un Bernini bambino i cui genitori ancora dovevano incontrarsi, mentre il francese diventava lingua ufficiale dello Stato. Già, lo Stato. Nel 1532 Francesco I, detto Il padre delle lettere e delle arti, regnava già su un Regno di Francia. 
Non fa nulla, noi lentamente, attraverso la mano di Michelangelo, tra il '35 e il '41 di quello stesso secolo stavamo pitturando il Giudizio universale, mentre tutt'attorno si parlava un bellissimo caos di dialetti regionali. Non è colpa nostra se nell'842 i nipoti di Carlo Magno redigevano il primo documento in francese, periodo in cui da noi si formava uno dei più bei crocicchi dell'umanità, con bizantini, carolingi e arabi che si contendevano ciascuno il suo bellissimo fazzoletto di terra sulla Penisola. La nostra lingua acquisiva sfumature internazionali, il francese iniziava un processo di formalizzazione. 

Arrivo al dunque: innamorarsi versus tomber amoureux

Il francofono letteralmente cade amoroso, cade innamorato, ci si ritrova cambiati da un momento all'altro, come un ospite inatteso suona alla porta, apri e toh!, ecco lì l'innamorato che un attimo primo non lo era affatto. Non è questione di essere propensi a credere o non credere ai colpi di fulmini: il francese non concepisce altro che il colpo di fulmine. Je l'ai vu et je suis tombée amoureuse... bom. 
L'italiano inizia gradualmente con il sorprendersi, attende qualche tempo, si accorge che qualcosa sta cambiando, si sta innamorando. E allora via a tutto quel meraviglioso tran tran di farfalline dello stomaco, incontri che fanno stare in pensiero per giorni, manie di perfezioni e via dicendo.
Ma chi cade improvvisamente in amore, chi si ritrova già amante da un attimo a quello dopo, le proverà, tutte queste cose qui? Oppure il linguaggio, come spesso accade, ha modificato la sua visione del mondo per sempre e in profondità, fino alle viscere, sede delle famose farfalline?
Si troveranno mai due giovani amanti, un italiano, un francofono, al punto di incontro di due sentimenti connotati così diversamente, oppure il francofono (o -fona, pazienza) si dichiarerà il giorno dopo presentandosi con un anello, mentre l'italiana (o -no) ancora pensa alla poesia di un bacio rubato e una fuga adolescenziale da organizzare?


L'immagine è una foto che ho scattato al museo Magritte: 
nei disegnini il pittore si interroga sull'eterna lotta del rapporto tra parole e cose.

giovedì 29 novembre 2012